Libertà di scelta in alimentazione
- nutrirsiritrovarsi5
- 9 dic
- Tempo di lettura: 5 min

“La fibra dei legumi e delle verdure provoca stitichezza e gonfiore.”
“Il pesce non va bene perché contiene metalli pesanti che interferiscono con gli ormoni.”
“Le uova aumentano il livello di colesterolo nel sangue e la frutta secca fa ingrassare!”
“La carne è cancerogena.”
“Il latte fa male.”
“La carne e il latte aumentano l’acidità del corpo.”
“Gli zuccheri sono cancerogeni e fanno venire il diabete. Anche gli zuccheri della frutta non fanno bene. La pasta di sera non va bene.”
Detto ciò, non rimane niente da poter mangiare! È davvero così?
Oltre a quello che si può sentir dire o che si può leggere, se avessimo noi stessi le conoscenze di base per capire che tutti gli alimenti possono far parte della nostra alimentazione (eccetto tradizioni alimentari o specifiche patologie), variandoli spesso, sapremmo, senza pensarci due volte, quando un’informazione non ha senso!
Qualsiasi alimento in eccesso (o in difetto) potrebbe (se predisposti geneticamente) portare a vari tipi di disturbi e, quindi, il concetto è semplice: un’alimentazione varia ed equilibrata permette di ritrovare il proprio benessere.
Sì, è semplice, ma allora perché è complicato?
Il mio piano alimentare potrebbe prevedere alimenti vari, ma molto probabilmente con delle quantità precise: mi sento comunque libera/o di scegliere ciò che voglio e di cui ho bisogno fisicamente e mentalmente? Oppure, ho paura di ”sgarrare”? O magari, non sto seguendo una dieta al momento, ma acquisite le informazioni di diete precedenti ancora limito le porzioni di alcuni alimenti…
E, ancora, perché quando si inizia un nuovo piano alimentare dopo un po' si ritorna alle vecchie abitudini?
La dieta per perdere peso e gli effetti collaterali
Le difficoltà a mantenere l’aderenza ad una “dieta prescrittiva” (con grammi, volumi, porzioni, ecc) per lungo tempo, e per cui il solo e unico obiettivo diventa "la perdita di peso", trova risposta in molti fattori, tra cui la biologia del corpo, la psicologia del rapporto col cibo e le aspettative della società.
Dal lato biologico, il risultato a breve termine (circa 6-12 mesi) di una dieta dimagrante porta quasi sempre ad una perdita di peso (più o meno cospicua in base alle caratteristiche della persona), soprattutto perchè a volte si eliminano intere categorie di alimenti. Anni dopo aver iniziato una dieta potrebbe esserci un effetto paradosso opposto (nella maggior parte delle persone che hanno seguito una dieta restrittiva): si riacquista gradualmente più peso, sia nelle donne sia negli uomini.
Inoltre, l’aver perso peso e poi riacquistato più volte nel corso della propria vita (il cosiddetto weight cycling) porta anche ad una diminuzione della massa magra, della concentrazione degli ormoni tiroidei e del dispendio energetico a riposo. Queste variazioni di peso possono aumenare il rischio cardiometabolico, indipendentemente dal peso iniziale della persona.
Quindi, potrebbe essere più in salute una persona che non ha avuto oscillazioni di peso (sebbene rimanga nella fascia del “sovrappeso”, in quanto mantiene maggior massa muscolare e maggior dispendio energetico a riposo), rispetto ad una persona che continua a perdere e a recuperare peso nel corso della propria vita, a parità di abitudini salutari. In effetti, in alcuni casi, il “sovrappeso” è considerato anche protettivo se l’accumulo di grasso è collocato in determinate zone, per esempio nella donna in menopausa può proteggere da cadute, osteoporosi e malattie cardiovascolari.
Effetti biologici a breve termine possono essere: mal di testa, mestruazioni irregolari o assenti, stanchezza, pelle secca, perdita di capelli,…
Dal lato emotivo-psicologico, le diete ripetute più volte possono portare, in chi è più suscettibile, a maggior preoccupazione per il cibo, la cui conseguenza porta a ridurre le porzioni, la tipologia di alimenti e i momenti in cui si mangia durante la giornata.
Non nutrirci a sufficienza in questo modo può portare il nostro corpo a “difendersi” spingendoci a mangiare più del reale bisogno, (arrivando in alcuni casi ad avere delle abbuffate, di solito, di specifici alimenti), in questo modo la reazione del corpo è quella di trattenere più grasso (soprattutto nella fascia addominale), per poter recuperare l’energia persa.
In alcuni casi, possono aumentare lo stress, la depressione e l'insoddisfazione corporea e può diminuire l’autostima, perché ci si identifica con i propri successi/fallimenti nel mantenere il peso perso.
Non si può non citare anche il ruolo che la pressione sociale ha nella decisione di perdere peso anche se si è nella fascia dell’IMC (indice di massa corporea) considerata “normopeso”, soprattutto per quanto riguarda la donna.
Quali sono le alternative per stare davvero in salute?
Dato che a seguire diete drastiche non si ottengono benefici a livello di salute (soprattutto a lungo termine), ma anzi si possono sperimentare effetti collaterali non indifferenti, sarebbe bene piuttosto spostare l’obiettivo sulla “salute” (considerata come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale – OMS) e non sulla “perdita di peso” fine a sè stessa.
Come? Incoraggiandoci a praticare abitudini di vita salutari, a rispettare il proprio corpo e a variare l’alimentazione, reintroducendo alimenti che per vari motivi (che non siano patologici) si è cercato di evitare. Bisognerebbe chiedersi: sono davvero libera/o di scegliere quello che è giusto per me?
Ovviamente, non è un compito facile nemmeno questo, perché serve tempo e dedizione, anche iniziando da piccole cose, cioè quelle che siano realisticamente praticabili all’interno delle nostre abitudini quotidiane.
Per questo motivo, non soltanto sarebbe utile avere delle conoscenze di base sull’educazione alimentare, ma avere delle conoscenze su noi stessi, sull’ascolto del nostro corpo e su cosa è giusto/sbagliato PER NOI e IN QUEL MOMENTO della giornata, che è totalmente diverso da quello che potrebbe essere giusto/sbagliato per un’altra persona nello stesso identico momento e nella stessa identica situazione.
Autore: Giorgia Siviero (biologa nutrizionista)
Per approfondire su come si può lavorare con un approccio nutrizionale e di benessere che ha come obiettivo "più salute e meno schemi" (detto anche “non prescrittivo” o “gentile”): https://nutrirsii.wixsite.com/nut-r/percorso-nutrizionale-ri-trovarsi
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Fonti:
Evelyn Tribole, Elyse Resch. Il metodo Alimentazione intuitiva (2023).
Kroke, A., et al. "Recent weight changes and weight cycling as predictors of subsequent two year weight change in a middle-aged cohort." International Journal of Obesity 26.3 (2002): 403-409.
Matheson, Eric M., Dana E. King, and Charles J. Everett. "Healthy lifestyle habits and mortality in overweight and obese individuals." The Journal of the American Board of Family Medicine 25.1 (2012): 9-15.
Pélissier, Léna, et al. "Is dieting a risk for higher weight gain in normal-weight individual? A systematic review and meta-analysis." British Journal of Nutrition 130.7 (2023): 1190-1212.
Pietiläinen, Kirsi H., et al. "Does dieting make you fat? A twin study." International Journal of Obesity 36.3 (2012): 456-464.
Womble, Leslie G., et al. "Psychosocial variables associated with binge eating in obese males and females." International Journal of Eating Disorders 30.2 (2001): 217-221.


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